Era da tempo che volevamo andare a vedere le pitture rupestri della Sierra di San Francisco e così tre giorni fa ci siamo finalmente decisi e siamo partiti insieme a Gina e Randy (l'equipaggio di Balena) con il loro pick-up. La strada per raggiungere la Sierra si è rivelata molto più lunga e maladata del previsto, per fortuna il cielo velato di nuvole leggere ci ha risparmiato in parte la calura. Da Santa Rosalia abbiamo preso la Carretera Transpeninsular #1 in direzione nord fino al Km 118; da qui si prosegue su uno sterrato per altri 37 Km e quando dico "sterrato" intendo per davvero! Il paesaggio qui è magnifico: si inizia a salire di altopiano in altopiano, mentre il deserto cambia vegetazione man mano che si va avanti.

Questa, in effetti, è una delle zone del mondo dove si possono trovare alcuni tra i più numerosi esempi di dipinti rupestri, tanto che è stata dichiarata patrimonio mondiale dell'umanità dall'UNESCO nel 1993. Il primo a fornire una sorta di documentazione riguardo questi siti fu il missionario gesuita Francisco Javier Clavijero nel 1789; egli rimase fortemente colpito dalla bellezza dei dipinti e dalla loro straordinaria resistenza agli agenti atmosferici, che aveva loro permesso di essere ancora visibili dopo migliaia di anni. Poco però si conosce riguardo gli autori delle pitture: si tratta quasi sicuramente degli antenati del popolo Cochimi, una delle comunità che popolavano la Baja California prima dell'arrivo degli Spagnoli.

Nel 1895 il chimico francese Léon Diguet, impiegato presso la compagnia mineraria El Boleo di Santa Rosalia, pubblicò una descrizione dettagliata dei dipinti di otto grotte, ma solo nel 1966 l'archeologo Clement Meighan presentò uno studio approfondito di tutti i dipinti presenti nella regione. Durante gli anni '80 l'INAH (Instituto Nacional de Antropologia y Historia) si prese carico di catalogare le pitture, anche grazie all'appoggio del Getty Coservation Institute che compì studi dettagliati nella cueva de EL RATON rendendola fruibile al pubblico. Per quanto riguarda la datazione, secondo gli ultimi studi compiuti da un team di ricerca internazionale con sede in Nuova Zelanda, le pitture più antiche di questa zona potrebbero avere un'età compresa tra i 7000 e 7500 anni.
Le pitture constano di enormi figure antropomorfe e zoomorfe, che apparentemente possono sembrare confuse e in alcuni casi sovrapposte, ma in realtà rappresentano scene di caccia e momenti della vita quotidiana. Vi posto qualche foto dalla cueva EL RATON. Nell'immagine qui sotto si può vedere sulla destra un uomo con le braccia alzate e sotto di lui una figura scura di animale, che i locali chiamano el puma negro; di fianco sulla sinistra un cervo dipinto in rosso.


Le pitture sono collocate molto in alto sulla parete rocciosa, per questo si pensa che i loro autori utilizzassero fusti di palma per costruire delle impalcature sulle quali poi si arrampicavano per dipingere. La sensazione che si prova osservando questi dipinti è meravigliosa, è davvero incredibile come siano perfettamente conservati e come i colori siano ancora così brillanti.

Sarebbe davvero splendido poter restare qui e andare a visitare tutte le grotte passando una notte nel deserto, ma purtroppo non abbiamo l'attrezzatura necessaria, chissà magari ci torneremo con più calma. Francisco Ramon ci promette che la prossima volta ci porterà a vedere tutto quello che conosce qui nei dintorni e ci dice che nel fiume sul fondo del canion c'è una sorta di "piscina" naturale dove si può fare il bagno e pescare, fantastico! Inoltre, dovrebbe esistere un punto panoramico da cui è possibile vedere sia il Mare di Cortez che l'Oceano Pacifico allo stesso tempo... Speriamo davvero di poterci venire di nuovo!
Durante il viaggio di ritorno ci fermiamo per cenare a San Ignacio e così cogliamo l'occasione per visitare la missione che fu iniziata nel 1740 dal gesuita Fernando Consag e terminata nel 1786 dal monaco domenicano Crisostomo Gomez. L'altare ricoperto da una sottile placca dorata e dipinto a olio è davvero magnifico, però purtroppo quando entriamo nella chiesa è già troppo scuro per poter fare delle foto.
Durante il viaggio di ritorno ci fermiamo per cenare a San Ignacio e così cogliamo l'occasione per visitare la missione che fu iniziata nel 1740 dal gesuita Fernando Consag e terminata nel 1786 dal monaco domenicano Crisostomo Gomez. L'altare ricoperto da una sottile placca dorata e dipinto a olio è davvero magnifico, però purtroppo quando entriamo nella chiesa è già troppo scuro per poter fare delle foto.

Arriviamo a Santa Rosalia verso le 20, ringraziamo Gina e Randy per la bella giornata passata insieme e ce ne andiamo dritti a letto, pensando ai magnifici paesaggi che abbiamo attraversato e a quanti ancora ci aspettano...
2 commenti:
Sara, sei davvero bravissima nelle descrizioni dei luoghi, mi sembra di viverli con voi e partecipare delle vostre emozioni
:) Spero sempre di avere nuove cose da raccontarvi... e soprattutto un collegamento internet disponibile! A prestissimo.
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